“Istantanee Da Un Futuro Migliore Del Previsto 2018-2023″ solo show @ Hobo Spazio Urbano

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Nuova mostra personale a Modena, curata da Gianmario Sannicola.
Testo critico di Vittorio Parisi.

La città che cade

Mentre parliamo, Francesco Barbieri dice una frase che cattura più di altre la mia attenzione: “La metropoli è l’esperienza contemporanea per eccellenza”. Nell’ascoltarla non posso non pensare a Benjamin e ai suoi scritti francesi, su tutti, quelli su Baudelaire e su Parigi capitale del XIX secolo. Proprio con Charles Baudelaire, ci fa notare il filosofo tedesco, la città – che non può che essere Parigi – diventa soggetto di poesia, e quindi il soggetto più importante di cui scrivere. Non solo. È con Baudelaire che nasce l’idea della città come esperienza estetica: un’esperienza legata alle folle e alla flânerie, ai passages, al ferro che li orna e al gas che li illumina.

Ma quella era l’esperienza della modernità. Possibile che, a distanza di oltre centocinquant’anni dall’apparizione dei Fiori del male e del Pittore della vita moderna, la città sia ancora oggi il fulcro della nostra esperienza? Sicuramente non è il solo, visto che lo spazio pubblico, un tempo definito esclusivamente dai luoghi fisici della città, si è ormai esteso a quelli virtuali e apparentemente sconfinati di Internet. Eppure, ancora nel 2023 la città, e in generale l’esperienza urbana, continuano a occupare una posizione cruciale all’interno dell’immaginario collettivo. I motivi che affollano questo immaginario sono, naturalmente, ben diversi da quelli che troviamo in Baudelaire. La città, e con essa la sua idea, già allora oggetto di trasformazioni rapidissime, sono mutate in nuovi paradigmi: dalla Parigi ferrea di Baudelaire e Benjamin si è passati alla New York di vetro di Paul Aster e Rem Koolhaas, fino alle città-schermo delle grandi metropoli asiatiche, che tanto somigliano alla Los Angeles di Blade Runner o alla fittizia New Port City di Ghost in the Shell.

Tuttavia, se c’è un tratto che caratterizza più di ogni altro l’esperienza che ci offre la metropoli odierna, è quello del suo disfacimento: non tanto i centri che pullulano di grattacieli, ma le terre di nessuno dei margini; non la costruzione degli edifici, ma il loro abbandono; non i luoghi affollati, ma la loro desertificazione. Dagli Anni Sessanta a oggi sono in molti i filosofi, gli architetti e gli antropologi – da Henri Lefebvre a Marc Augé, dallo stesso Rem Koolhaas a Anthony Vidler – ad averci raccontato che l’esperienza della metropoli odierna non abbia più niente a che vedere col fermento e con l’entusiasmo futurista che accompagnò lo sviluppo delle grandi capitali europee e delle grandi città americane tra la fine del XIX secolo e la Seconda Guerra Mondiale. L’esperienza contemporanea per eccellenza della metropoli è, al contrario, quella spettrale e “occulta” dei suoi non-luoghi e delle sue rovine, dei suoi sotterranei e dei suoi junkspace, delle sue zone di transito e dei suoi interstizi. Che è anche e precisamente quella che emerge dalla pittura di Francesco Barbieri.

La città di Barbieri è una città interstiziale, il cui paesaggio è definito unicamente dalle sue architetture post-industriali e infrastrutturali. Forse, la città di Barbieri è addirittura una città deserta, dove le gru che ne delineano lo skyline sono in realtà immobili e i treni, che ne percorrono le viscere, vuoti. Uno scenario distopico che sembra provenire da qualche racconto di fantascienza, in cui l’umanità è stata cancellata da qualche evento catastrofico di cui, però, non ci è dato sapere. La caratteristica più evidente e l’aspetto che salta subito agli occhi dell’osservatore di questi dipinti è, non a caso, la totale assenza di persone. In queste città non vi è più spazio per le folle, vero e proprio elemento cardine della modernità baudelairiana, poi proiettatosi nel Novecento, producendo in pittura capolavori come La Città che sale di Boccioni (1910-11). In Barbieri le folle sembrano essere del tutto svanite, come inghiottite da quelle stesse architetture post-industriali e infrastrutturali, uniche vere protagoniste dei dipinti. Gru, tralicci, cavi dell’alta tensione, treni e rotaie disegnano un paesaggio urbano dove non solo l’umano non figura, ma non sarebbe neanche pensabile. Si provi, per gioco, a inserirvelo con l’immaginazione: finirebbe per rompere un equilibrio estetico che sembra basarsi prima di tutto sull’assenza dell’elemento umano.

Strana parola però, “equilibrio”, qui impiegata per descrivere degli scenari dove gru e tralicci sembrano, anche solo in apparenza, flettersi, se non addirittura spezzarsi continuamente. Se la città di Boccioni saliva e fermentava con la sua folla e la sua palette incendiaria, la città di Barbieri è una città vuota che sembra cadere e disfarsi senza sosta, lambita da bagliori ora acidi, ora metallici, ora lattiginosi, restituiti da certe pennellate e certe polverizzazioni, che assieme agli inchiostri neri delle gru e dei tralicci contribuiscono a ricreare un’atmosfera surreale, quasi incantata. Questo incanto è anche il frutto di sapienti ibridazioni tra pittura e fotografia, o ancora di collage dove gli elementi architettonici sono, individualmente o a piccoli gruppi, raccolti su patch di carta poi giustapposti o sovrapposti fino a creare uno strano caleidoscopio irregolare, capace di restituirci solo frammenti di vedute.

In ciascuno di quei frammenti vi è la traccia dei luoghi che l’artista ha esplorato durante la sua esperienza nel writing, e che qui sublima in un paesaggio urbano de-umanizzato, una specie di caos senza folla. Potremmo proporla, questa, come una possibile definizione di rovina, e così come il writing è, a suo modo, una pittura nelle rovine contemporanee, quella di Barbieri è una pittura delle rovine contemporanee. Le rovine, d’altronde, hanno il singolare potere di farsi osservare con occhi incantati, malgrado siano segni tangibili del disfacimento dei luoghi che abitiamo. La missione della pittura di Barbieri non è certo quella di contribuire all’incantesimo, estetizzando o lirizzando quel disfacimento come poteva accadere secoli fa, all’epoca del Grand Tour, quando in Europa la pittura si faceva veicolo ozioso della riscoperta delle rovine antiche. Tutt’altro: la pittura qui assolve pienamente una delle funzioni contemporanee della figurazione, e cioè raccontare le cose del mondo al quale essa appartiene, attraverso la creazione di nuove prose stranianti. Nel caso di Francesco Barbieri, la prosa è quella singolare del pittore che continua a portare dentro di sé l’avventura del writer: un odierno flâneur, che rifugge le folle pur sottoponendo queste ultime all’invasività dei propri segni, sicuramente fra le figure-simbolo dell’esperienza contemporanea della metropoli.

Vittorio Parisi

New Zine Out Now

“They don’t hate us, they just hate their lives” A paint-remixed photography fanzine.

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Telling Cities and Francesco Barbieri present a new independent zine release. 100 numbered copies which include works that were born from the encounter between analogue photography and paint art. Places and settings that belong to the artists’ history, captured with an old Olympus OM-1 and remixed with the paint brush. Intro text by Lino Ganci.
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Format: 21X28cm
Paper: Fedrigoni XPER (300g / 120g)
Pages: 40
Limited edition of 100 numbered copies (no reprint)
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All photography and editing by Telling Cities
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All paint work by Francesco Barbieri
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Intro words by Lino Ganci

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here some of the original artworks that are published on the fanzine: mixed media on photo, 2022

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Back from Ifitry

Back for the second time this year from the artist residency IFITRY, in the area of Essaouira (Morocco).
Here some of the artowrks done over there

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ATTITUDE show at Palazzo Blu in Pisa

I’m just proud to have my artwork featured in the group show “Attitude” at the museum Palazzo Blu in Pisa, together with Egs, Rae Martini, Taps & Moses and many more amazing artists.

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Filter Bubble solo show @questionmarkmilano in Finale Ligure

finally i can post some pictures of the show i had few months ago in Finale Ligure

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“Life In The Bubble”, mixed media on canvas, 80×80 cm, 2019

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installation view

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“Tempo Liquido”, 100×70 cm, mixed media on canvas, 2019

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“Fake News”, mixed media on canvas, 70×100 cm, 2019

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“Comfort Bubble”, mixed media on canvas 50×60 cm 2020

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“Echo Chamber”, 60×80 cm, mixed media on canvas, 2020

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detail “Echo Chamber”

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installation view

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“Algoritmo Del Desiderio”, 100×80 cm, mixed media on canvas, 2020

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“Friday Al 33%”, 100×70 cm, mixed media on canvas, 2020

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“Tralicci E Iperconsumismo, 100×70 cm, mixed media on canvas, 2020

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“All’ Aria Aperta”, 80×80 cm, mixed media on canvas, 2020

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installation view

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“Madonna Dell’ Eurospin”, mixed media 70×100 cm, 2021

recap of the “Fuori Bordo” solo show @gallerialalinea in Punta Ala

Copio e incollo dal comunicato della Galleria La Linea

Sino al 15 luglio 2021 siamo lieti di presentare la mostra personale del pittore FRANCESCO BARBIERI nella nostra sede espositiva estiva presso il porto di PUNTA ALA, dal titolo “FUORI BORDO”.
Sarà possibile visitare la mostra – sia previo appuntamento chiamando il numero 338 – 4520080 – sia durante il normale orario di apertura della sede espositiva della Galleria, con obbligo di uso della mascherina e di rispetto del distanziamento.
Il bordo in questa storia si riferisce al colore nero ed al suo superamento, perché in questa mostra di opere inedite di Francesco Barbieri l’autore ha voluto intenzionalmente forzare i propri limiti stilistici, avventurandosi per la prima volta nella sua carriera al di fuori della confortevole “gabbia grafica” che sinora lo aveva contraddistinto come pittore.
Infatti nella ricerca che Barbieri porta avanti da anni il nero ha sempre avuto un ruolo preponderante, quale mezzo indispensabile per sintetizzare le geometrie dei paesaggi urbani e ferroviari a lui cari, derivando direttamente dal writing urbano l’impatto, l’aggressività e l’energia del c.d. “outline”.
Andare fuori bordo, oggi, significa quindi superare il contorno nero del segno ed aprirsi con coraggio e “senza rete” ad una pittura nuova, piena di sola luce e colore.
Nella serie di tele esposte troverete così come protagonista un assoluto colore molto materico, costruito sul largo impiego di carta incollata a strati sulla tela, che si sviluppa dal punto di vista compositivo attraverso sapienti sovrapposizioni di inquadrature urbane che spesso isolano – come fotogrammi di schermi multipli – paesaggi circondati da pittura astratta sullo sfondo.

Matteo Scuffiotti

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“Atmosfear”, mixed media on canvas, 40×50 cm, 2021

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“Capitalismo 24/7″, mixed media on canvas, 40×50 cm, 2021

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“La Fiducia”, mixed media on canvas, 40×50 cm, 2021.

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“Cronofagia”, mixed media on canvas, 40×50 cm, 2021.

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“Midsummer Nightmare”, mixed media on canvas, 40×50 cm, 2021

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“Panico Collettivo”, mixed media on canvas, 40×50 cm, 2021

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“Me From Far Away”, mixed media on canvas, 80×80 cm, 2021.

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“Ti Strappa Dalle Braccia Di Morfeo”, mixed media on canvas, 80×80 cm, 2021

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“Il Bagliore Del Cybercapitale” 80×80 cm, mixed media on canvas, 2021

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“I Replicanti Sullo Schermo” mixed media on canvas, 100×70 cm, 2021

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“Scintillante”, mixed media on canvas, 100×70 cm, 2021.

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“Industria D’Estate”, mixed media on canvas 100×70 cm, 2021

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“Fear Of A Blind Planet”, mixed media on canvas, 100×70 cm, 2021

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“Green Economy”, mixed media on canvas, 70×100 cm, 2021

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“Call To Action (Buy Now!)”, mixed media on canvas, 70×100 cm, 2021

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“E L’ Aria Delle Cose Diventava Irreale”, mixed media on canvas , 70×100 cm, 2021